Siamo abituati a pensare all’ICM come un fattore che entra in gioco nel late stage di un torneo. Dara O’Kearney fa notare, nella sua ultima pubblicazione su PokerStrategy, che la realtà non è proprio così.
Come? Semplicemente confrontando due spot identici su GTO Wizard, uno di questi calcolato per chip EV, mentre l’altro considera anche l’Indipendent Chip Model.
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Lo spot è a 40bb effettivi di stack, con l’apertura di UTG e il call del BB per andare a vedere il flop 9♠6♥4♦, e le differenze si notano eccome!
“Quando è che l’ICM entra in gioco nei tornei? Beh, a dire il vero, dalla prima mano.”Â
Si vede subito che nell’esempio che considera l’ICM la frequenza di betting si alza, e anche la size 125% pot trova più applicazione, mentre nell’esempio cEV la size più alta usata era 82%.
“Non puoi mai chiedere a un solver perché fa qualcosa, ma penso che questo sottolinei una differenza fondamentale tra MTT e cash game.Â
Nei tornei, c’è molto più valore a prendersi il pot. Nei cash game, vogliamo vincere il pot più grande, ma nei tornei siamo contenti di portare a casa il piatto e passare alla prossima mano.”
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Dara spiega che se nel torneo viene usata l’overbet, siginfica che la soglia di valore è più alta. J9s punta 82% nell’esempio cEV, ma overbetta raramente in ICM, perché non troverà call da peggio. Avendo bisogno di value più forte, bet più larghe implicano più bluff, relativamente.
Far foldare gli avversari è un risultato discreto per le nostre mani forti ma vulnerabili, come le overpair. Nei cash game essere scoppiati non è un disastro, se facciamo pagare il giusto prezzo, ma nei tornei significa essere eliminati.
Quando l’ICM è significativo, vediamo le size crescere o ridursi, ma niente nel mezzo. Anche le small bet hanno questo senso: se oppo folda più spesso, dobbiamo ridurre le size per estrarre valore, soprattutto con mani forti. Ed ecco che si apre una buona opportunità per dei bluff a basso costo!