I range preflop sono le fondamenta su cui si basa tutta la strategia di una mano di poker, e sono tutto fuorché elementari! Dipendono da un mucchio di fattori, a partire dalla posizione assoluta, dall’action, dal rapporto stack/blinds, dai leak degli avversari, dalla fase del torneo…
Insomma ci sono tantissime cose che vanno considerate, e spesso per semplicità si tende a memorizzare una serie di tabelle GTO. Ma noi crediamo che sia importante capire i perché di determinate scelte.
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Non intendiamo spiegare tutti i dettagli che vengono presi in considerazione da un solver, altrimenti questo articolo non finirebbe più, ma fornire una panoramica di come si decide se una mano sia da giocare o meno.
Si parte dal bottone e dai blinds
Il primo motivo per cui vogliamo giocare una mano è rubare i blinds, e ovviamente più concorrenza c’è più sarà difficile. Inoltre sappiamo che giocare fuori posizione è un problema.
Per questo motivo è proprio dai bui e dal bottone che vorremo rilanciare il più possibile, diciamo tra il 40% e il 50% del range con modifiche in base alle tendenze degli avversari.
Via via che ci si allontana dal bottone per andare verso early position, il range si assottiglia rimanendo più concentrato su mani di valore. Tralasciando un attimo il card bunching effect, possiamo considerare le pocket pair, gli A-Xs, le broadway, gli A-Xo forti e qualche suited connector da early position, poi andando verso bottone si aggiungono sempre più carte suited con possibilità di colore second-third nuts, altri suited connector, anche gapped eccetera e A-X off.
L’influenza dello SPR
In ogni caso è sempre necessario considerare quanto siamo deep, in maniera effettiva (cioè se giochiamo contro un BB con 20 blinds, non sarà rilevante se ne abbiamo 300).
Molte delle mani dette in precedenza hanno diverse funzioni concentrate sul post flop: un 7♣6♣ per esempio può trovare tanti flop profittevoli, per progetti di scala, colore, ed ha utilità per board coverage: se giocassimo solo broadway per esempio, non hitteremmo nulla su un board come 8♦7♠3♠, l’idea è che su qualsiasi board possiamo avere qualche punto possibile.
Man mano che lo stack effettivo si fa più basso, però, maggiore sarà la possibilità di andare all in, e per farlo non possiamo aspettare di hittare un buon flop. Privilegiamo a questo punto mani con maggiore equity grezza, quindi pocket pair, A-X broadway e K-X, e a scendere anche mani peggiori!
Viceversa salendo di stack vogliamo mani con più implied odds, ovvero che possano chiudere buoni punti postflop.
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Tendenze avversarie
Va considerato anche che genere di avversari abbiamo davanti agli occhi. Sono più inclini al fold della norma? Aggiungiamo (con parsimonia) qualche bluff. Sono più 3-bettanti? Prepariamoci a 4-bettare un po’ più light. Chiamano sempre? Possiamo giocare mani di maggior valore.
Si possono considerare anche tendenze post flop, in modo più macchinoso. Magari il BB difende sempre, ma ha una tendenza a check-foldare postflop? Fantastico, rilanciamo ancora più spesso.
Fase del torneo
Dato per assodato che i raising range variano a seconda dello stack effettivo, ci sono altri fattori da considerare quando entriamo nelle diverse fasi di un MTT.
In prossimità di payjump o bolla, gli stack più grandi possono permettersi di aprire range più larghi, mentre chi è più short deve spostare il suo range verso il valore di equity grezza. Inoltre, bisogna stabilire con quali mani andare all in e quali limitare a un raise.
Infine c’è il fattore KO che tipicamente è un incentivo per chiamare gli all in e i raise di chi è più short con range più ampi. Consapevoli di questo, più il nostro bounty si fa goloso per gli avversari, più dovremo essere selettivi nelle mani da giocare.