I poker player hanno combattuto molte battaglie, nel corso degli anni, per non essere associati all’immagine negativa di “giocatori d’azzardo“.
Chi non fa parte del mondo del poker può non notare la differenza, ma noi sappiamo bene che il poker è un gioco dove l’abilità fa la differenza. Non è giusto, nei confronti di chi studia, gioca, e fa di questo sport una professione, essere sminuito o quasi compatito come un azzardopatico fortunato.
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Alle varie evidenze accumulate nel tempo, oggi si aggiunge un altro tassello, che alcuni definiscono una pietra miliare di questo discorso: la International Mind Sports Association ha approvato all’unanimità il riconoscimento del poker come sport della mente.
Eravamo ben consapevoli che il nostro gioco di carte meritasse di stare in compagnia di scacchi, eSports, backgammon eccetera. Grazie alla guida della World Poker Federation – che dedica questo risultato a tutti i professionisti, giocatori, aziende etc – il poker è da oggi ufficialmente riconosciuto come Mind Sport.
Igor Trafane, il presidente del WPF, ha dichiarato: “Oggi abbiamo ottenuto qualcosa di definitivo e senza precedenti. La decisione dell’IMSA rappresenta la dedizione delle migliaia di persone che vedono il poker come una professione genuina e una disciplina intellettuale.
La nostra mission ora è costruire le fondamenta che accomunano ogni grande sport: regole standardizzate, percorsi professionali, tutela dei giocatori e competizioni internazionali.”
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Nel comunicato vengono evidenziate alcune nuove opportunità:
- I giocatori potranno avere percorsi di carriera migliori, più riconoscimento, e uno spazio internazionale più ampio
- I lavoratori una stabilità maggiore e una crescita nel settore
- Business e sponsor un ambiente più sicuro e strutturato con maggiori possibilità di partnership
Che sia il momento di vedere riconosciuta la figura professionale del poker player? Questo potrebbe portare effettivamente dei vantaggi e delle tutele, ma c’è anche chi ha sottolineato i rischi e i problemi di questa cosa.
Nello specifico ci riferiamo a un interessante puntualizzazione di Filippo Candio su un gruppo Facebook. Il november nine evidenzia che se fosse un gioco di abilità si dovrebbero pagare le tasse al pari di un professionista, quindi al 45%. In effetti, oltre ai pregi possono esserci brutte conseguenze burocratiche…
Non da meno c’è un rischio per l’ecosistema pokeristico: se il gioco fosse considerato d’abilità come gli scacchi, nessuno parteciperebbe più ai tornei consapevole di perdere soldi.
“Dovete continuare a fargli credere che è tutto culo. Così che non smettano mai.”