Il divieto di pubblicità sul gambling potrebbe essere rimosso a breve, almeno queste sono le intenzioni del nuovo ministro dello Sport Andrea Abodi dichiarate in un’intervista al Corriere della Sera.
Potrebbe trattarsi di un grande giorno per l’industria del betting e del gaming in generale, che fino a prova contraria ha trovato più ostacoli che benefici dalla proclamazione del Decreto Dignità.
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Il Decreto Dignità e i suoi problemi
Il Decreto Dignità, per dirla in parole semplici, impedisce la pubblicità e la sponsorizzazione del gioco d’azzardo (incluso in questa ottica anche il poker) se non in determinate circostanze successivamente specificate nelle Linee Guida del Decreto pubblicate da AGCOM.
Se a prima vista può sembrare un’idea funzionale, dal momento in cui è entrato in vigore si sono confermate le perplessità di molti. Il numero di nuovi giocatori non è diminuito di conseguenza, mentre è invece diminuita la consapevolezza del giocatore.
Limitando l’autorevolezza online dei siti di gioco legale, chi ha beneficiato della manovra sono stati i concessionari senza licenza AAMS/ADM, che hanno invece potuto sponsorizzarsi e mettersi in mostra senza una controparte legale nella stessa posizione.
La proposta di retro-front
“Stiamo lavorando per rendere nuovamente legali pubblicità e sponsorizzazioni delle aziende del betting, anche per tutelare il gioco legale e responsabile […] stiamo affrontando il tema del diritto alle scommesse: è irrituale che l’organizzatore dell’evento non abbia alcun beneficio, rispetto a una catena che parte proprio grazie ai suoi investimenti” ha dichiarato il ministro Abodi.
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Si accoda al pensiero Marco Osnato (FdI) che sottolinea come il gioco illegale si sia sviluppato in tempo di pandemia, che il Decreto Dignità si sia rivelato dannoso, e che “Chi ha investito nelle concessioni ha il diritto di lavorare nella serenità”.
Dall’altra parte si oppone il pentastellato Marco Croatti che chiede: “Non toccate la norma che abbiamo fatto che bandisce la pubblicità del gioco d’azzardo dalle trasmissioni televisive e dai luoghi pubblici” nel timore che vengano portati avanti “pessimi messaggi“, per esempio “Mentre guardavano le partite del loro sport preferito, i nostri figli venivano incentivati a scommettere continuamente ed era vergognoso“.
Va sottolineato che alcuni stakeholder del settore, come sottolineato da Gioconews, segnalano una mancanza di dati scientifici che possano correlare promozioni di gioco e comportamenti di gioco patologico.