La lunga intervista rilasciata da Molly Bloom sta già facendo parlare di sé. E non potrebbe essere altrimenti, in primis per via di un personaggio che ha dato vita a qualcosa di incredibile negli anni scorsi. Ora però stanno venendo fuori dei dettagli a dir poco allucinanti, come quello relativo alla “visita” tutt’altro che gradita, nella sua abitazione, da parte di un sicario della mafia americana.
La donna, organizzatrice dei tanto chiacchierati tavoli di cash game high stakes, è stata intervistata per il canale Youtube “The Diary of a CEO“. Un’ora e mezza in cui sono venuti fuori tantissimi dettagli sulla vita di Molly, sia prima dell’organizzazione di questi eventi che negli anni in cui ha subìto sulla sua pelle le conseguenze di tutto. Anche dopo la produzione del celebre Molly’s Game.
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Le cronache dal carcere di Molly Bloom
In questo stralcio dell’intervista ci soffermiamo su una esternazione da parte di Molly Bloom. In particolare si parla degli anni trascorsi in carcere dalla donna. Durante la sua permanenza in cella, la FBI ha provato a sfruttare una personalità così importante per usufruire delle sue abilità “formali”.
Ecco allora che arrivò la proposta: fai la spia per noi. Molly ne parla così, partendo dal giorno del suo arresto:
È durato per due anni, in quel periodo ero diventata sobria, avevo 33 anni. Volevo tornare a Los Angeles e riprendere a lavorare, mi sentivo ormai riabilitata. A un certo punto, nel cuore della notte vidi arrivare 17 agenti della FBI che vennero ad arrestarmi. Trascorsi 10 anni in carcere.
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Il racconto di Molly Bloom sul suo periodo successivo all’arresto prosegue così:
Non avevo un dollaro per permettermi un avvocato, mio padre smise di parlarmi. Il mio miglior amico mi prestò dei soldi, ma i legali con cui parlai volevano tra i 3 e i 6 milioni di dollari. Poi arrivò Jim Walden, sentì la mia storia e si offrì di aiutarmi.
Poi arrivò il periodo in carcere, in cui successe letteralmente di tutto:
Alcune settimane dopo l’arresto il pubblico ministero mi chiamò in audizione. Voleva che io fossi una sua informatrice, in pratica una spia. Volevano che facessi la spia su chi partecipava alle partite. Mi offrirono di restituirmi tutto il denaro sequestrato e di tirarmi fuori dal carcere. Dovevo decidere in 48 ore, ma non volevo risolvere in questo modo. Ero finita in carcere per i miei errori, dovevo pagare per quel che avevo fatto.