Stu Ungar raccontato dalla figlia Stefanie tra le avventure, i problemi e l’immenso amore

Apr 16, 2021

Stu Ungar ricordi figlia Stefanie

Stu Ungar è uno dei pochissimi che può vantare di essere una vera e propria leggenda del poker. Forse il termine più giusto sarebbe la rockstar del poker.

Il talento naturale per definizione, impossibile da fermare, perlomeno nei tempi in cui il poker era ancora selvaggio e non esistevano solver, siti, calcolatori di equity, e nemmeno troppi libri di strategia.

Quei bei vecchi tempi portano con sé anche sentimenti di nostalgia e avventura. Non erano i contesti più puliti, le storie più positive e i personaggi migliori che si potessero sognare, ma resta qualcosa di emozionante nell’aria, come un film, ma vissuto da qualcuno in prima persona.

In un’intervista rilasciata a CardPlayer, la figlia Stefanie Ungar ricorda il padre con alcuni aneddoti di una vita sopra le righe e completamente fuori dallo standard.

Per capirci, in un’altra sede Stefanie ha detto: “[…] non faceva la maggior parte delle cose che le persone normali fanno nella vita di tutti i giorni. Per buttare l’immondizia dava 20 dollari al figlio teenager dei nostri amici. Questa cosa mi fa crollare ancora oggi.”

 

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Prima di cominciare a raccontare le storie di Stefanie, vogliamo lasciare qui una delle più famose citazioni di Stu:

È un duro lavoro scommettere, giocare a poker. Non permettere a nessuno di dirti il contrario. Pensa a cosa voglia dire sedersi al tavolo da poker con persone il cui unico obiettivo è di tagliarti la gola, prendere i tuoi soldi e lasciarti da solo a pensare a cosa sia andato storto dentro di te. Probabilmente questa frase suonerà dura, ma questo è un tavolo da poker. Se non mi credi, allora sei l’agnello che sta per essere mandato al macello.

 

Gli inizi e i rapporti con la mafia

Stu Ungar aveva un’insaziabile appetito per l’azione. Ha scoperto le carte guardando sua madre giocare e fare errori. Gli altri giocatori la prendevano in giro, e lui guardava queste scene. Fu così che iniziò la sua ricerca del successo, unita al desierio di essere rispettato.

Il rinomato talento di Stu per il Gin Rummy attirò le attenzioni della mafia, che frequentava il club di proprietà del padre. Dopo la morte di quest’ultimo, fu proprio la mafia a prendersi cura del tredicenne Stu come se fosse un figlio.

“Al bar mitzvah di Stu c’erano così tanti mafiosi a presenziare, che l’FBI era proprio lì fuori a trascrivere le targhe di tutte le macchine parcheggiate. Non riuscivano a capire chi fosse quel ragazzino, e perché c’erano così tanti mafiosi italiani al compleanno di un bambino ebreo.

In realtà era solo il figlio di un uomo che aveva guadagnato il rispetto della criminalità, perché riuscì a far fare loro molti soldi. Successivamente Stu scherzava dicendo che se l’FBI fosse stata furba avrebbe confiscato la lista degli invitati.”

Nel frattempo Stu cresceva come studente prodigio (capace di saltare avanti di due anni di carriera accademica) e come fenomeno del Gin Rummy per mantenere la mamma e la sorella. Questa doppia vita di studente-giocatore dopo un po’ diventò troppo pesante però, e Ungar si concentrò solo su quello che sapeva fare meglio.

“Una volta stava giocando una partita di Gin Rummy High Stakes per la mafia, e tutto a un tratto l’FBI fece irruzione. Molti dei presenti si fecero trovare impreparati, ma Stu saltò su uno sgabello del bar, prese uno straccio e tutto a un tratto da gambler high stakes clandestino si trasformò in un ragazzino che lucidava scarpe in cambio di qualche spicciolo.”

 

Un uomo problematico, ma buono

“Al suo funerale mia madre mi fece notare che c’erano molti dealer, e che era una cosa notevole, visto che al tavolo non li trattava sempre nel migliore dei modi.

Dopo aver parlato con uno di loro, questo disse che non tutti lo capivano, ma Stu voleva sempre chiarire il suo comportamento e scusarsi lasciando una grossa mancia. Semplicemente a volte si sentiva così frustrato giocando per grandi cifre che non si riusciva a controllare, ma una volta svanita la rabbia aveva bisogno di rimediare.”

Non è un segreto che Stu Ungar avesse forti problemi di tossicodipendenza, ma uno dei motivi che lo avvicinò al consumo di sostanze fu il suicidio del figlio adottivo Richie, che lo colpì spaventosamente:

“Non avevo mai visto mio papà piangere, ma dopo la morte di Richie piangeva ogni notte prima di andare a dormire, anche 10 anni dopo la sua morte.”

L’amore che Stu provava per i figli infatti era gigantesco. Molte fonti riportano quanto Ungar fosse di cuore buono, e la figlia racconta questo amore in prima persona:

“Aveva una Jaguar, era la sua macchina, e la cambiava sempre con il nuovo modello appena questo usciva. Quando andavo in Florida per l’estate veniva a prendermi all’aeroporto, direttamente al gate (si poteva a quei tempi), saltavo nella sua macchina e partivamo. Andavamo a cena fuori e restavamo ore intere semplicemente a parlare al tavolo. Amava il cibo cinese e quello italiano, era diventata la nostra cosa. Ho sentito altri giocatori dire che era una persona completamente diversa quando c’ero io. 

 

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Circondato da un mondo tutto fuorché adatto a una figlia, Stu si rifiutò di insegnare a Stefanie il poker, e fu sempre iper protettivo nei suoi confronti.

Non potevo uscire dall’isolato perché temeva che potessi essere rapita. Non mi permetteva di truccarmi o usare lo smalto, e non potevo nemmeno radermi le gambe perché non ero abbastanza grande. Se dicevo che qualcosa facesse schifo (letteralmente “suck”) mi sgridava e diceva che non erano modi da signorina. Quando andavamo al cinema e dovevo andare in bagno, lui cercava la vecchietta più simpatica e le chiedeva se potesse assicurarsi che io stessi bene.

Lui ha visto un mondo diverso, che fortunatamente la maggior parte delle persone non vedrà mai, e questo l’ha colpito.

Io non ero completamente cieca del mondo in cui viveva. Sapevo che era sempre circondato da donne, ma quando arrivavo in città per tre mesi durante l’estate non ne ho vista mai una. Nemmeno una sola ragazza. Immagina cambiare la tua vita così tanto per tua figlia. Era pieno d’amore.”

 


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