Timothy Adams è un giocatore che si è fatto largo nella scena High Stakes, ma che in certi versi è sempre stato un po’ più nell’ombra rispetto ai suoi colleghi.
In Italia probabilmente la prima volta in cui è stato notato fu ai tempi della Global Poker League, quando Adams venne selezionato nel team italiano dei Rome Emperors (che finirono per vincere, ndr).
Molti definiscono Timothy come uno dei giocatori più talentuosi sulla piazza. Eppure per sua stessa ammissione in un’intervista durante le Triton Poker Series dell’altro anno, il talento non è tutto e anzi durante i suoi esordi ha avuto la fortuna di essere circondato da giocatori migliori di lui.
Poi iniziare a giocare in un field che da lì a poco avrebbe conquistato la scena High Stakes non fa certo male…
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Timothy racconta di essere sempre stato uno sportivo accanito: calcio d’estate, hockey d’inverno, e davanti a lui vedeva solo una carriera nello sport. Con il tempo però si è reso conto di non poter proseguire, e a 18 anni, al primo anno di università fra feste e vita sociale, finisce per conoscere il poker.
L’intervistatore chiede allora ad Adams, probabilmente già sapendo dove sarebbe andato a parare: “C’erano altri pro player, quelli che ora giocano gli high stakes, che erano lì proprio durante i tuoi inizi?”
“Che sono ancora qui oggi? Oh, sì. Sorprendentemente molti, ed è divertente perché avevamo tutti più o meno la stessa età. Pensando a quando andavo all’università, giocavamo al Turning Stone casino di New York, e c’erano volti come Bryn Kenney, Andrew Litchenberger… Dan Smith anche se era un po’ più giovane, forse è arrivato un po’ dopo. C’erano davvero tanti ragazzi che giocano ancora ad alti livelli. Assurdo.”
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“Chi sono stati i migliori mentori, o coach, che hanno migliorato il tuo gioco nei primi tempi?”
“Sono stato fortunato, ai tempi dell’università eravamo in un gruppetto che giocava a poker. Cinque o sei di noi che la prendevano seriamente. Giocavamo online e giocavamo anche quelli che all’epoca erano high stakes, tornei da $200. Eravamo un gruppo di grandi amici, e tutti noi ci siamo interessati al poker.
C’erano molti ragazzi che avevano un talento incredibile, molto più talento di me. Ci sono tante variabili che incidono su chi riesce a continuare su questa strada. C’è la fortuna, c’è il mental game, c’è un milione di variabili differenti. Sono stato fortunato ad avere due ragazzi nello specifico che mi hanno davvero aiutato a progredire. È stato fantastico, a ripensarci ora.”
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Photo credits: PokerStars