Se siete finiti a leggere queste righe esiste una buona possibilità che il poker lo abbiate conosciuto (anche) attraverso le sue imprese dalle parti di Las Vegas.
Era il 2010 quando Filippo Candio metteva piede (primo italiano nella storia) al tavolo finale del Main Event delle World Series of Poker, con indosso la sua mitica felpa a bande orizzontali.
Un simbolo che lo ha reso riconoscibile in tutto il mondo, un po’ come la sciarpa della Roma che indossava Dario Minieri – CLICCA QUI per leggere del ritorno di Dario Minieri su PokerStars alle Stadium Series – alle sue prime esperienze alle Series.
Quest’oggi, sulla fanpage ufficiale del primo November Nine azzurro, è comparso un post che ha catturato la nostra attenzione e che probabilmente farà lo stesso con la vostra…
I segreti di Filippo Candio
Praga, dicembre 2017.
Chi vi scrive si trova a seguire in prima persone le gesta di Gabriele Lepore, impegnato al final table del Main Event EPT (dove chiuderà 4° conquistando il risultato monetario più prestigioso in carriera).
In una delle tante pause si parla di rituali da seguire, di cosa sia meglio o peggio fare per “entrare nel flow”:
“Pensa” – mi racconta Galb – “che Filippo ha tenuto addosso la stessa felpa 12 ore al giorno per 10 giorni di fila.
Io mi ricordo che già al Day7 l’odore cominciava a farsi insostenibile, ma sai lui che faceva?
Si metteva a spruzzargli del deodorante sopra, ettolitri di deodorante, ci stava una mezz’ora. Poi la indossava e scendeva giù.”
Perché una ossessione così maniacale per dei dettagli apparentemente insignificanti, perché dare tutto questo peso alla ritualità?
Dieci anni dopo quel final table, Filippo Candio ci svela il motivo via social:
Il testo integrale del post di Filippo Candio
I miei rituali segreti per generare un flusso vincente. #cosebalorde che molte poche persone conoscono.
Vi farà ridere, anzi sorridere più che altro. Questo è un racconto di come ho sempre affrontato il Poker nei circa 10 anni di professionismo che mi riguardano .
Non so il perché ma ho sempre pensato che alcuni gesti, abitudini e comportamenti mi comportassero maggiori performance.
Non ho mai creduto a queste strane cose ma ho sempre pensato che generare un flusso vincente fosse necessario per affrontare i tornei di poker.
Un mio grande problema infatti era proprio questo, essendo questi rituali abbastanza noiosi, pesanti e sopratutto ripetitivi, io non ho mai avuto esageratamente “voglia” di metterli in atto.
Molti pensano che avrei “dovuto vincere meno”, io so che avrei potuto vincere molto di più se avessi dedicato la mia intera esistenza al poker e a ciò che so che mi provocava un “accelerazione” mentale nel senso di performance , maggiore concentrazione e cattiveria.
Non parlo di riti magici, parlo di cose (forse un po’ balorde) ma semplici.
La prima era quella di evitare quasi di mangiare durante le gare: “il minimo indispensabile” ma proprio il minimo per far si che l’istinto di sopravvivenza generasse la maggiore lucidità possibile.
Quando mangiavo tanto, perdevo regolarmente. Mangiare genera rilassamento e svogliatezza.
Ascoltare sempre le stesse canzoni che avevano generato un elemento emotivo positivo: In sintesi se una canzone non aveva in qualche modo generato un profitto mentre giocavo era meglio non ascoltarla.
Dovevano essere canzoni che riportavano la mente alle vittorie e all’idea inconscia di “poter vincere”. Ho ascoltato 3/4 canzoni per 10 anni per migliaia di volte.
Quando non ne avevo voglia e mi andava di ascoltare cose a caso, perdevo. Perdevo perchè portavano la mia mente verso altri lidi che non avevano niente a che fare con il Poker.
All’ultimo applicavo la teoria di giocare Ipertight nei momenti in cui mi andava di ascoltare altro per evitare problemi. Non andava bene lo stesso.
Evitare di parlare con chicchèsia, anzi parlare il meno possibile, evitare di sprecare energie con chiacchiere inutili. Quando sono diventato “famoso” o come dico io “un po’ noto” questo è diventato molto difficile, quando ho capito di non riuscire a mettere in atto il flow dei miei rituali ho iniziato a pensare che fosse il momento di ritirarmi.
Non mi è mai andato di fare l’antipatico, se avessi fatto l’antipatico avrei vinto di più. Parlare di Poker stanca e se parlavo con qualcuno prima e durante i tornei ero fottuto.
La colazione di mattina prevede un solo caffè, in solitaria senza parlare con nessuno. Non parlare con nessuno aumenta la tensione. All’inizio puoi esplodere di tensione e sbagliare ma quando inizi a comandarla diventi più acuto, per lo meno degli altri.
Per non parlare delle interviste, ho perso una marea di occasioni per colpa degli sponsor che mi costringevano a fare interviste durante i tornei. Mi rovinavano il flow ma era il mio lavoro anche quello.
Non mangiare mai alla pausa cena, non sedersi con nessuno, non parlare con nessuno: Fumare in posti solitari, cercare nuova carica solitaria. Al massimo con un Galb di turno che conosce queste cose ma sempre meglio con nessuno.
“Mai arrivare a morire di fame”, se sta per succedere mangiare mezzo toast con bicchiere d’acqua per recuperare il minimo indispensabile.
Non bere mai durante i tornei, non bere mai in generale mentre si gioca, utilizzare l’alcool come defaticante al massimo finito di giocare (questo solo in tornei di qualche giorno) per evitare la sovra tensione. Il minimo indispensabile.
Evitare di rispondere al telefono, non chiamare nessuno proprio nessuno, solitudine generale fino al FT. Puntare ad essere sempre chipleader ed a generare articoli su se stessi sui blog per alzare il livello di EGO , pensarsi regolarmente invincibile e suscitare negli altri l’idea di essere infermabili.
Indossare preferibilmente stesso outfit di altri tornei vinti e che portano la mente alla positività della vittoria e non a “cose nuove”. Noterete Maglioncino ad Ipt vinto, Maglioncino a Wsop , maglioncini ovunque.
Pensate voi he odiavo quei cazzo di maglioncini, solo che non potevo indossare altro perchè facevano parte del flow. Appena potevo mi cambiavo… erano pure brutti.
Cappellini mai utilizzati in vita mia sono diventati di vitale importanza per il conseguimento di una gestualità attoriale sempre studiata, sempre uguale.
Generare in se stessi un pensiero di onnipotenza grazie ad un aumento continuo di stress autogenerato che elimina ogni tipologia di paura.
Essere sempre più cattivi e concentrati degli altri, vedere dove gli altri non vedono.
Procurarsi da soli del male per aumentare delle performance. Accelerarsi attraverso pratiche ” continuative”.
Vomitare quando lo stress diventa troppo alto. Questa per esempio è sempre stata una cosa che mi ha rotto le palle.
Autogenerandomi uno stress di questo tipo spesso sono arrivato purtroppo a situazioni di malessere come per esempio avere una tosse incontrollata dovuta alla sovraeccitazione di adrenalina e necessità di vomitare.
Vomitavo, mi lavavo, poi a fumare per rialzare l’adrenalina e via di nuovo a giocare
Tutto questo il giorno 1 e poi ripetuto il giorno 2 , il 3, 4 eccetera. Tutte le volte che non ne ho avuto voglia ho perso, tutte le volte che mi sono obbligato a farlo ho raggiunto buoni risultati.
Ne è valsa la pena? fino ad un certo punto. Da poco sono andato ad un torneo a malta con circa 1k iscritti (first priza 100k), mi sono impegnato ho seguito i miei rituali. Risultato: Chip leader, left 150 con 80 a premi.
Day 4? rotto il rituale, ho portato la mia famiglia in piscina e sono uscito in bolla.
Me ne sono pentito? Un po’ coglione sono stato ma almeno io in confronto a molti so come si vince e so anche come si perde. In Sintesi sono padrone del mio gioco e dunque del mio destino.
Il commento al post
“La verità è che ogni pokerista ha i suoi rituali, ma non si tratta di misticismo” – ci ha spiegato in privato Filippo.
“E’ un modo per mettersi nelle condizioni ideali per performare al massimo, per attivare i processi necessari a produrre più adrenalina, trovare la giusta concentrazione.
Il mio caso poi è diverso, io dovevo seguire il rituale per evitare di fare cazzate al tavolo!”
E voi che ne pensate dei rituali di Filippo Candio, anche voi adottate lo stesso sistema?
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