Greg Raymer torna a parlare dei problemi dei bias cognitivi sul proprio gioco. In questa puntata “Fossilman” prenderà in esame la maledizione della conoscenza, in lingua originale “The Curse of Knowledge”.
Se ti sei perso la prima puntata dove Raymer affrontava il Self-Serving Bias, segui questo link per recuperare!
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Questo bias ci fa credere che le altre persone sappiano ciò che sappiamo noi. Questo bias è parte di un problema più grande nel poker, ovvero che ci aspettiamo che i nostri avversari prendano decisioni per lo stesso tipo di ragioni per le quali le prendiamo noi.
Per esempio, rilanciamo da UTG e il giocatore dopo di noi chiama. Al river su K-4-3-9-6 puoi pensare che il tuo KK sia il nuts, visto che nessuno da early chiamerebbe il raise di UTG con mani come 7-5 o 5-2.
Finisci per mettere in mezzo tutte le tue chips. Tutti sanno che sono mani stupide da giocare in quella situazione preflop. Però il fatto che tu lo sappia non significa che sia così per tutti, e non credi ai tuoi occhi quando vedi l’altro girare 7-5 off.
Se vuoi leggere bene il range del tuo avversario devi uscire dalla tua testa, capire che non tutti conoscono la strategia quanto te. E ovviamente c’è chi la conosce meglio di te.
Leggere gli avversari vuol dire metterti nei loro panni e vedere le cose come le vedono loro. Ecco perché alcuni giocatori sono così bravi a leggere le mani avversarie.
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Questo si estende anche al contrario. Per esempio non stai giocando una mano da molto, pensi di avere un’immagine tight e che tutti abbiano capito che stai aspettando una monster. Ora che 3-bet pushi qualcuno ti chiama con una mano debole e sei fuori.
Se ti domandi come abbiano fatto a non capire che sei sempre vero, è perché non è detto che lo debbano aver capito, è solo che tu te lo aspettavi da loro. Sei caduto nel bias della maledizione della conoscenza.
Questo è un buon esempio anche per un altro bias, l’effetto riflettore (Spotlight Effect), ovvero che sovrastimiamo quanto gli altri prestino attenzione al nostro comportamento. Per la maggior parte dei casi veniamo ignorati.
Per esempio una volta ho rilanciato da bottone e il big blind ha cominciato a lamentarsi di quanto raisino da bottone i pro. Non ha fatto caso che su 11 mani, questa era la quinta volta che raisavo. Secondo lui le avevo rilanciate tutte.
Il punto è che non c’entra quanto sei tight, loose, passivo o aggressivo, importa solo cosa pensano gli avversari di te. Se ti vedono tight, bluffa più spesso, se pensano che sei troppo LAG, smetti di bluffare e inserisci thin value bet.
Entra nella loro mente e cerca di capire cosa stanno pensando, non cosa pensi che dovrebbero pensare o sapere.
Appena saprai superare questi due bias e a leggere correttamente gli avversari, vincerai i massimi da ogni avversario, indipendentemente dalle loro skill o dalla loro attenzione.