Ci sono personaggi nel mondo del poker che non smetteranno mai di affascinare.
Tra questi c’è indiscutibilmente sua maestà Phil Ivey, uno di quelli che ha fatto innamorare del poker decine migliaia di appassionati in tutto il mondo.
Ivey, sebbene giochi solamente partite high stakes private da diversi anni, rimane ancora oggi tra i personaggi più amati e rispettati, uno di quelli che qualsiasi cosa dica fa notizia.
Eccoci quindi a presentarvi una affascinante chiacchierata con Barry Greestein, altra leggenda del gioco, nel corso della quale Ivey svela qualche chicca sul suo conto davvero imperdibile…
Motivational Ivey
“Quando comincio a fare qualcosa lo faccio fino in fondo“.
Comincia in questo modo la chiacchierata assieme a Greenstein (che lo conosce da una vita) dove Ivey si mostra per quel che è, senza troppi filtri.
Abituati a vederlo silente al tavolo da gioco, attentissimo a scrutare ogni minimo movimento dell’avversario, fa un certo effetto sentirlo parlare a cuore aperto:
“Anche quando inizio un videogioco capita lo stesso, infatti devo mettermi un timer – prosegue Ivey – altrimenti gioco per tutto il giorno.
Quando gioco a golf ad esempio prendo dei giorni off per fare solo quello...”
Lo scorso anno ti sei svegliato ogni giorno alle 6 del mattino per per migliorare, forse la prendi un po’ più seriamente di quanto dici… – domanda Greenstein.
“E’ vero, ma perché l’anno prima avevo perso un milione e mezzo sul green!”
Determinazione d’acciaio
“Quando ho iniziato col poker volevo arrivare subito in alto. Avevo così tanta voglia di vincere che non pensavo ad altro.
Ah, per la cronaca, sono sempre stato meglio a Stud che a qualsiasi altro gioco…
Ho messo attenzione su qualsiasi aspetto del gioco, anche quelli più insignificanti. Trovare il focus perfetto, provare e riprovare.
Ci ho provato così tanto e così intensamente che non me ne sono reso conto finché non ho avuto la prima fase di rilassamento.
Non ci sono troppe persone in giro con quel drive, con quella voglia, quella motivazione.
Io sono sempre stato bravo a capire le energie delle persone, il loro stato emotivo.”
Il sesto senso
Da dove proviene il magico intuito di Ivey? E’ lui stesso a dirlo:
“Non pisciarmi in faccia e dirmi che sta piovendo, diceva mio padre.
E’ sempre stato un tipo molto sveglio, a cui non era facile raccontarla.
Mio nonno poi, dalla parte di mia madre, aveva un gran fiuto sulle persone, così come mio padre d’altronde.
Il poker è arrivato il TV quando avevo 24/25 anni e fino a prima di allora tutti avevano un po’ un pregiudizio su quel che facevo.
L’unico a darmi corda è stato mio nonno: sapeva che proibendomi qualcosa non avrebbe ottenuto niente quindi mi ha assecondando sin da subito.”
Il piacere di giocare
“Da poco ho vinto un torneo di short deck e ho provato a farlo godendomi ogni singolo momento, non è una cosa scontata, è una scelta.
Non tornerei mai a quando giocavo 16 ore al giorno senza gioire della partita in sé. Quando hai troppe aspettative sulla vittoria, vincere diventa soltanto un sollievo, nulla più.
Ora invece mi diverto perché ricerco la gioia, scelgo di divertirmi: ognuno si prende quel che si merita, nel gioco come nella vita.
C’è stato un periodo in cui mi si chiedeva perché stessi sempre zitto e nessuno ha pensato che potesse essere una strategia quella di non parlare con nessuno.
Stare in silenzio mette le persone a disagio e quando qualcuno è a disagio gioca peggio.
Al tavolo finale del Main Event avevo pensato di cambiare strategia e cominciare a parlare usando l’arma del trash talking, ma la verità è che mi riesce bene solo quando ho davvero sintonia con qualcuno o quando, al contrario, lo detesto nel profondo.”
L’intervista completa per chi non ha problemi con l’inglese qui sotto:
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