L’occasione per scambiarci due parole è arrivata nel corso dell’ultima trasferta in quel di Rozvadov per le World Series Of Poker Europe.
In quella circostanza il noto pro statunitense di chiara discendenza italiana, Anthony Zinno, ci ha descritto per filo e per segno le ragioni che l’hanno spinto a chiamare l’all-in di Dario Sammartino nella fase topica del Main Event. (QUI L’APPROFONDIMENTO SULLO SPOT)
Potevamo però esimerci dal porgli qualche altra domanda lasciandolo andar via così?
Assolutamente no, ecco quindi che il discorso scivola su una delle varianti più in voga negli ultimi tempi, lo Short Deck.
Una piacevole alternativa
Anthony, che in quei giorni era ancora in lotta per il titolo POY, lamentava qualche carenza nell’organizzazione della schedule in merito agli eventi dedicati ai variantisti.
Troppo concentrati in un lasso di tempo brevissimo, motivo per il quale non è riuscito a giocare tutti i tornei che aveva in mente di fare. Tra le novità presenti quest’anno nel palinsesto WSOP, c’era appunto il Six Plus Hold’em, la variante che ha spopolato prima a Macao e poi a Las Vegas, tanto apprezzata dagli amatori:
“Credo che lo Short Deck sia divertente per cambiare passo, magari giocare uno o due tornei al mese può essere piacevole, ma non penso rappresenti il futuro del poker. Rimango del parere che il No Limit Hold’em sia un gioco molto più complesso e intrigante.”
E se fosse il caso di cavalcare l’onda?
Per quanto le percentuali nello Short Deck siano molto più close rispetto all’Hold’em classico, tanti regular si sono buttati a capofitto nella nuova disciplina per sfruttare le lacune dei novizi.
Probabilmente non si tratterà del gioco che prenderà il posto al NLH, ma soprattutto in questo momento storico potrebbe risultare piuttosto profittevole imparare l’arte prima degli altri.
Esiste insomma, un margine sufficiente da poter sfruttare per un certo periodo, almeno finché la maggior parte dei giocatori non ha affinato la propria strategia?
“E’ probabile, ma bisogna considerare anche un altro elemento. Il più bravo giocatore di Short Deck messo contro uno che se la cava ma che sicuramente non eccelle, non avrà chissà quanta edge sul suo avversario.
Puoi floppare una coppia e avere ancora buone possibilità di vincere contro una overpair o essere addirittura in vantaggio con un una scala bilaterale su una coppia…E’ un gioco pazzo, una sorta di mix tra poker e roulette.
Metti le chip in mezzo, gira la ruota del flop, prendi le tue e da lì provi a prenderti la tua piccola percentuale di edge.”
Un ottimo strumento per imparare
Il concetto che passa dalle parole di Zinno è chiaro: lo Short Deck è una versione ultra-semplificata del No Limit Hold’em, che assottiglia l’edge tra i giocatori e difficilmente si affermerà come il gioco del futuro.
Tuttavia, uno degli aspetti più positivi, risiede proprio nella facilità della comprensione delle dinamiche di gioco:
“Se dovessi insegnare il poker a qualcuno punterei sullo Short Deck. Le scelte da prendere sono più semplici e anche il margine di errore è conseguentemente inferiore.
Ma se si vuole approfondire il gioco, il NLH specie nella sua versione deepstack non ha eguali.”
E voi cosa ne pensate, siete d’accordo con Zinno o vedete nello Short Deck la variante del futuro?
Photo Credits: Stefano Atzei