Lo avevamo anticipato, poi ce lo aveva raccontato Giuliano, finalmente lo possiamo vedere coi nostri occhi!
In fondo a questa pagina abbiamo pubblicato il video dello speech integrale di Giuliano Bendinelli al teatro Regio di Torino in occasione del TEDx a tema “l’ascolto generativo”.
Sono nove minuti di chiacchierata in cui il genovese ha cercato di far capire alla platea le differenze tra giochi di azzardo e giochi di abilità partendo dalla sua esperienza personale.
“Un gioco democratico”
In apertura di intervento Bendinelli ha sottolineato la natura di gioco democratico del poker, scagliandosi contro la narrativa sociale dominante:
Ci sono aneddoti leggendari con contorni melodrammatici: si è giocato la casa, si è giocato la zia, ha perso le mutande. Spillare le carte fumando una sigaretta con la cenere che di tanto in tanto cade e bruciacchia il panno verde è una istantanea suggestiva per registi e romanzieri, ma non è così che stanno le cose realmente.
Giuliano ha poi raccontato la parabola di Chris Moneymaker:
Vinse il campionato del mondo a Las Vegas per un primo premio da 2 milioni e mezzo di dollari. Pensate che si era qualificato vincendo un satellite da appena 39 dollari, giocato così un po’ distrattamente una sera dal PC della sua cameretta. Una caratteristica fondamentale del Texas Hold’em è la sua democraticità . Infatti, ogni giocatore paga la stessa quota di ingresso e riceve in dote lo stesso a montare di chips. Sta poi all’abilità di ognuno giocarsi le proprie carte al meglio.
Questione di skill
Bendinelli ha insistito sulla natura di skill game del poker prendendosela contro il Decreto Dignità che accomuna tutti i giochi con vincite in denaro nello stesso calderone:
Vorrei fosse chiara a tutti la differenza che ci deve pur essere tra una partita di poker e una moneta che gratta vorticosamente un cartoncino. Il poker è rimasto sciaguratamente ancorato al passato. L’associazione più istintiva ha un bias cognitivo, dovuto a tutte quelle cose che ci hanno fatto pensare e a tutte quelle immagini che ci sono state proposte e riproposte nei film. Ma la verità è che i tornei di Texas Hold’Em non sono un gioco d’azzardo.
A riprova di quanto sostenuto Bendinelli ha poi citato gli scacchisti che negli ultimi tempi hanno deciso di dedicarsi al poker, a iniziare dal 17 volte campione del mondo Magnus Carlsen “probabilmente l’essere umano con la maggiore conoscenza delle 64 caselle bianco e nere da quando abitiamo su questo pianeta”.
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Per un nuova definizione di ludopatia
Giuliano ha poi sottolineato l’inadeguatezza del termine ‘ludopatia’ per definire quelle patologie legate a problemi con il gioco:
La parola ludopatia deriva dal latino ludus, che significa giuoco, e dal greco patia, pathos, che significa appunto malattia. Seguendo però i più autorevoli dizionari latini, ludus ha solo una connotazione positiva, e cioè di giuoco inteso come scherzo, svago, ironia, e mai inteso come azzardo o rischio, tale per cui la parola ludopatia non avrebbe molto senso e sarebbe meglio ricorrere al termine aleapatia. Ultimamente, infatti, quando si vuole parlare di persone affette da problemi col gioco d’azzardo si usa l’acronimo DGA. Tutto questo per dirvi che questa patologia va presa sicuramente sul serio, ma ci sono giochi e giochi. Va da sé che, rimanendo in tema casinò, se ci sediamo a un tavolo della roulette le probabilità saranno sempre a favore del banco. A poker, invece, si gioca sempre armi alla pari. È chiaro che una singola mano verrà influenzata dall’alea, ma alla lunga il più preparato vince.
Resilienza e auto-ascolto
Proprio per il lungo periodo che vede prevalere le skill, Giuliano ha indicato nella resilienza come una delle skill del pokerista:
Ne ho prese di botte questi anni. Come? Perché, come detto, nel singolo evento la componente aleatoria c’è e si fa sentire. Nella mia carriera poi ho avuto la fortuna e la bravura di alzare al cielo davvero tanti trofei. Non starò qui a tediarvi con la lista della spesa, ma non posso non nominare la vittoria del campionato del mondo nel 2015 a Malta con la nazionale italiana.
Giuliano ha poi nominato il Main Event EPT Barcellona: descrivendo la vittoria dell’evento si è riallacciato al tema della serata.
Bisogna sapersi ascoltare. C’è la logica e c’è l’istinto. Ho iniziato a giocare a poker anche e soprattutto per l’amore che nutrivo e che nutro tuttora nei confronti della matematica. E nella maggior parte delle decisioni prese nella mia vita ho fatto prevalere il valore dei numeri, calcoli, statistiche, percentuali. Un PPP che non sta per panna, prosciutto e piselli, ma per professional poker player non avete idea delle tabelle che ha in testa. C’è la tecnica, c’è il gioco, c’è la scuola, c’è la scuola. C’è la tecnica e la tattica. Sì, la tattica, proprio come in qualsiasi altro sport. Perché anche quando conosciamo qual è la soluzione teorica migliore da adottare, questa poi va sicuramente adattata appunto al momento del torneo, alla situazione di gioco e all’avversario che ci troviamo di fronte. Anche a Barcellona è stato così, ma ci sono stati dei momenti dove ho capito che per arrivare fino in fondo serviva anche un guizzo diverso. Talvolta, nonostante i numeri suggerissero di buttare le carte, ho deciso di rilanciare, di andare all-in, anche in blef, e di far foldare così il mio avversario. Per una volta, invece che seguire solo i numeri, ho deciso di ascoltare anche il cuore. Grazie. Grazie a tutti.
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Lo speech di Giuliano
Ecco il video integrale dello speech di Giuliano: per far partire la riproduzione basta cliccare sul riquadro.