(questo post è stato scritto venerdì 31 luglio 2020)
Vi capita mai di restar svegli, senza un motivo preciso?
A me è successo proprio oggi, il giorno del mio compleanno.
E’ in giorni come questi che la tolleranza altrui nei nostri confronti aumenta in modo spropositato, trasformandosi talvolta in generosità, talaltra in slanci d’affetto.
Ci si prende anche qualche libertà in più, motivo per cui ho deciso di rivolgermi a voi in prima persona.
Non credo faccia poi così tanta differenza, per una volta, metterci la faccia. Le aspettative medie di lettura non vanno oltre le prime cinque righe, dunque se siete arrivati fin qui è già un successo.
#36
Conosco il poker da un sacco di tempo, o da più tempo di un sacco di amici. Per certi versi lo conosco addirittura meglio di loro.
Ci siamo incontrati online e ci siamo scambiati subito i contatti, così come il numero della prepagata. Agli inizi era un gioco digitale, di nome e di fatto, poi è diventato qualcosa di più serio. Eppure, sempre d’un gioco si trattava.
Ho conosciuto PKR, quello che ti portava a vivere le emozioni del tavolo in tre dimensioni. Una figata ai tempi.
Poi è arrivato Full Tilt, spaziale. Non per la grafica, ma perché si vincevano dei soldi o perlomeno altrove non erano mai tornati indietro.
Una volta ne vinsi diecimila, di dollari, in una settimana. E ne ripersi più della metà in otto ore o giù di lì, il tempo che ci volle a spararsi “The Godfather” 1,2 e 3, uno in fila all’altro.
Per anni il gioco è stato solamente un ingombrante passatempo, perché comunque i tornei durano. Se durano.
C’era l’università, c’era la musica, c’erano le serate in Colonne e gli aperitivi al Frida, c’era la voglia di spaccare il mondo senza rendersi conto di osservarlo dal finestrino. O dal monitor di un computer, non cambia poi tanto.
Ho cominciato a scrivere di poker a trent’anni, che fa un po’ vissuto dirlo quando nessuno sa che ne hai trentasei.
L’ho fatto al termine di un’era, quella delle sponsorship. Vista dalla prospettiva di un redattore significava dire addio alla ragione principale per cui uno sceglie di scrivere di poker: andare in trasferta, assaggiare il vero poker.
Il timing d’altronde, non è mai stato il mio forte in questo gioco.
E ora scusate ma sta per scadere la late all’Afternoon On Stars…
#P.S.
Lo so, lo capisco. Proprio ora che la storia stava diventando interessante.
Ma se dovessi descrivervi il poker o spiegarvi cosa rappresenta per me, non troverei modo migliore per farlo se non attraverso una sensazione.
Il poker è una grande incompiuta se lo si vede come punto d’arrivo.
E’ un ottimo strumento per affinare caratteristiche specifiche, potenzialmente utili per migliorarci sia dal lato professionale che da quello umano, ma rimane sempre e comunque un mezzo, tale e quale al denaro cui si aspira.
Se non siete d’accordo c’è un’intera Fanpage per esprimere le vostre opinioni: approfittatene!
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