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Il ricordo di Dario Sammartino a un anno esatto dal final table al Main Event delle WSOP!

Lug 16, 2020

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Era il 16 luglio in quel di Las Vegas, il 17 per tutti gli appassionati che dall’Italia facevano le ore piccole incrociando le dita a ogni showdown.

Esattamente un anno fa Dario Sammartino si è reso protagonista del risultato più grande al tavolo da poker che un italiano sia mai stato in grado di raggiungere, sia in termini economici che di prestigio.

Nonostante il braccialetto non sia arrivato per un soffio, Dario è attualmente il vice-campione del mondo in carica oltre ad aver distanziato di qualche milione l’amico Mustapha Kanit nella All-Time Money List italiana.

Quest’oggi, 16 luglio 2020, abbiamo avuto l’onore e il piacere di scambiare quattro chiacchiere col protagonista della cavalcata azzurra dello scorso anno, con l’intento di rivivere (e farvi percepire) quelle emozioni che (ve lo possiamo assicurare) sono ancora ben presenti nella sua testa.

Parola a “Madgenius“.

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Il ricordo della corsa al final table

“Sono stati momenti così unici che per me è impossibile non emozionarmi soltanto al ricordo di quel che ho avuto la fortuna di vivere lo scorso anno.

E’ stata un’avventura incredibile, ho giocato per quattro giorni di fila imbottito di tachipirina con la febbre a 39, sono arrivato al Day6 con meno di 10 big blind e nonostante ciò ho trovato la forza d’animo necessaria a non abbattermi e continuare a credere nel sogno.

Perché arrivare a giocarsi il braccialetto al testa a testa finale è il sogno di qualsiasi giocatore di poker, su questo ci sono pochi dubbi.

Non chiedetemi di ricordare precisamente tutto quello che è accaduto, dentro di me le sensazioni sono ben impresse, così come è indelebile l’amore e l’affetto che ho sentito nei giorni del final table.

L’ho detto l’anno scorso e lo ripeto stavolta: senza il supporto di tutti i miei amici sarebbe stato impossibile fare quel che ho fatto.”

Replay? No, grazie

“Volete sapere la verità? Io non ho mai rivisto il mio heads-up e anzi, non ricordo proprio una singola mano dopo l’eliminazione di Livingston (il terzo classificato ndr).

Ho guardato giusto qualche spezzone assieme ad alcuni amici, ma soltanto in questi ultimi mesi in cui sono stato costretto a stare a casa per via del lockdown.

In molti probabilmente hanno pensato che il mio secondo posto fosse un qualcosa di molto simile ad un urlo strozzato in gola, e magari da fuori è potuto sembrare così.

Ma posso assicurarvi che la vittoria finale non è altro che la punta di un iceberg. Ho vissuto tutta la cavalcata da protagonista per dieci interminabili giorni e una volta che si arriva lì non esistono né vincitori né vinti.”

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Il bilancio un anno dopo

“Sarebbe ipocrita non ammettere che sul momento è stato difficile digerire il colpo, perdere un heads-up non fa piacere a nessuno, figuriamoci al Main Event delle World Series!

Quel che forse è più difficile da comprendere per chi osservava dall’esterno è quanto l’intera esperienza mi abbia arricchito, e non parlo certo del premio riservato al secondo classificato anche se in apparenza quello può sembrare l’unico appiglio concreto.

Ho messo alla prova me stesso, testato i miei limiti, ho raggiunto il tavolo finale più ambito al mondo e (proprio come avevo immaginato nei miei sogni) sono riuscito a fare due call assurdi, uno con Kappa alta e un altro con Dama alta.

Ho vissuto un’altalena di emozioni indescrivibile, ho goduto di ogni singolo istante, ho gioito, ho pianto. Alla luce di quel che è stata la mia esperienza alle WSOP, vincere il braccialetto sarebbe stato qualcosa in più, ma non avrebbe cambiato di troppo la sostanza.

Anche perché, prima o poi, quel braccialetto lo vincerò e vi prometto che darò tutto me stesso per riuscirci.”

Se ti sei perso lo show di Mustapha Kanit e Dario Sammartino in diretta Instagram durante il lockdown DAI UNO SGUARDO QUI

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Photo Credits: INSTAGRAM Dario Sammartino

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