Quando si parla di mini raise nel poker, solitamente si intende il rilancio minimo possibile, nella maggior parte dei casi pari a due volte la puntata precedente, ma può essere più piccolo o a volte leggermente più grande.
Anche se con l’evoluzione della teoria del poker negli ultimi anni tendenzialmente l’entità delle size è diminuita (una volta il rilancio standard preflop nel cash game era tra i 3 e i 4 bb, oggi si vedono tranquillamente raise da 2 a 2,5 big blinds), il mini-raise raramente è stato visto come una buona idea, in particolare post-flop.
Il perché è molto semplice: con una size più elevata si possono ottenere più fold con i nostri bluff e più soldi con le nostre mani di valore.
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Il “pericolo” del mini-raise
Se infatti consideriamo la fold equity, noteremo che con un rilancio 2x, anche di una puntata pari al pot, il nostro avversario dovrà avere un’equity del 20% per effettuare un call profittevole, situazione molto frequente quando si parla di range contro range.
Attenzione però a quest’ultimo punto, perché molti, in particolare ai livelli bassi o se non sono molto preparati, compiono un madornale errore: quello di non considerare correttamente il range di chi effettua il rilancio.
Immaginiamo di essere fuori posizione al river su board A♠6♠7♦J♥10♠. Hero ha J♦10♦ ed effettua una puntata per valore di 2 euro su un pot di 4, l’avversario rilancia a €4 e la parola torna a hero.
Ora, hero dovrà aggiungere solo €2 per contendersi un pot di €12 totali, il che significa che dovrà avere almeno al 17% per effettuare un call dal valore atteso positivo. Ingolosito dai pochi soldi da investire per vincere un pot in molto più grande, hero potrà pensare di arrivare alla percentuale richiesta con la sua doppia coppia, ma sarà veramente così?
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Pensiamo davvero al range del nostro avversario: le sue mani di medio valore, come AX, in teoria andrebbero giocate con un call su un river del genere. Le uniche mani che possono rilanciare in uno scenario così vanno probabilmente dal set in su, includendo possibili scale e possibili colori.
Se il range avversario fosse veramente così, la nostra equity sarebbe a 0% spaccato. Anche aggiungendo qualche mano che possiamo battere, come 76s e T7s, e mani per lo split come JT non arriviamo al 17% necessario per un call profittevole.
Dovremo augurarci che villain effettui una mossa del genere con mani come AK o qualche bluff per ottenere un’equity decente per chiamare, ma se l’avversario ha qualche conoscenza del gioco, saprà che una size del genere raramente ha senso utilizzarla in bluff, e mani come AK preferiranno limitarsi al call.
La trappola del mini-raise a volte è proprio questa: data la size a volte non facciamo i dovuti calcoli e chiamiamo di getto, pensando “Devo essere buono solo una volta su 10” senza pensare che magari non lo saremo mai, oppure sovrastimeremo le possibilità che l’avversario abbia un bluff.
Ora non abbiamo considerato importanti dettagli come history e azione della mano, ma su due piedi questo è un fold… vero?
Il level
Ecco che entra in gioco la spirale del leveling: se il nostro avversario sa tutto questo, potrebbe farlo in bluff sapendo che ci farà foldare le nostre two pair? Se nel nostro range ci sono AX potrebbe farlo con AK per foldare a una 3-bet?
Come insegna Doug Polk, il segreto per non dannarsi in situazioni di questo genere è giocare secondo il punto di equilibrio: analizziamo il nostro range e scopriamo con quante e quali mani arriveremo al river in questa situazione, consideriamo eventuali mani che blockerano le mani di valore avversarie, facciamo due calcoli e scopriamo con quali mani dovremo chiamare per non essere exploitabili.
PS: Spesso in situazioni come questa può convenire per noi check-callare invece di bet-foldare. Quando analizzate una mano valutate sempre tutte le possibilità!
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