Da quando il Texas Hold’em ha attraversato l’oceano, arrivando nelle nostre case grazie al boom del poker online, ci siamo abituati a utilizzare tantissime parole che non sempre hanno un corrispettivo nella nostra lingua.
L’italiano, a differenza di altre lingue, accetta gli anglicismi senza troppi problemi e nel poker questo fenomeno risulta essere particolarmente accentuato.
Tanto che, alle orecchie di chi non ha dimestichezza col glossario pokeristico, una conversazione tra due grinder potrebbe risultare a dir poco incomprensibile.
C’è da dire che molte parole, in realtà, possono essere tradotte in italiano senza problemi – bettare/puntare, shovare/andare all-in, raisare/rilanciare e così via – mentre altre non hanno ancora ricevuto una nuova veste, come il nome delle strade di gioco: flop, turn e river.
Quest’oggi andremo a scoprire le ragioni per cui si chiamano in questo modo e potete star certi che la loro origine è tutt’altro che scontata…
Flop
Nel linguaggio comune un “flop” equivale a un insuccesso, a qualcosa di fallimentare che ha tradito le aspettative iniziali.
Non è il caso del Texas Hold’em, dato che vi sono almeno due possibili ragioni che stanno dietro questo nome.
Il primo riguarda il significato vero e proprio della parola: tonfo, schianto. Probabilmente ci si riferisce al momento in cui le tre carte da gioco impattano il tavolo verde, che per estensione ci si “schiantano” sopra.
Un altro motivo plausibile invece concerne il suono, o meglio il fruscio, delle tre carte quando vengono posizionate sul tavolo: si tratterebbe quindi di un suono onomatopeico, ovvero una parola che descrive o suggerisce acusticamente l’azione che si sta per compiere.
Turn
Anche in questo caso vi è più di una possibilità. Letteralmente “turn” significa girare, svoltare, e in un certo senso la quarta carta comune è quella che rappresenta la svolta.
Chi ha la mano migliore al flop infatti, potrebbe trovarsi in brutte acque al turn, dal momento che l’avversario ha l’opportunità di migliorare il suo punto.
C’è chi pensa invece che il termine sia stato preso in prestito dal lessico utilizzato nelle corse dei cavalli: il turn in questo caso rappresenta l’ultima curva che precede la volata finale, così come nel poker il turn precede la quinta, e ultima, carta comune.
River
Eccoci infine al “river”, che in inglese significa fiume. Non si tratta affatto di un caso e per capirne le ragioni è bene ripassare un attimino la storia del gioco che tanto ci appassiona.
Il poker nasce agli inizi dell’Ottocento, precisamente a New Orleans, la città a sud della Louisiana nonché patria della musica jazz.
Si tratta anche dell’ultimo grosso centro abitato attraversato dal Mississipi, il fiume più lungo d’America che per secoli è stato il fulcro dell’economia di quella landa sconfinata che dal 1776 venne raggruppata sotto il nome di Stati Uniti.
Merci e genti transitavano sulle sue sponde e all’interno dei barconi il confine tra lecito e illecito si assottigliava enormemente rispetto a quanto accadeva sulla terraferma.
Non è un caso che il poker, o meglio il “poque” – parola presa in prestito dal francese – cominciò a farsi largo proprio su quelle barche, che non di rado trasportavano facoltosi commercianti con tanti bei denari al seguito.
Un’occasione imperdibile per i tanti bari che, di professione, si dilettavano a ripulire le loro tasche tra una smazzata e l’altra.
Il problema principale è che, dopo l’ultima carta comune, generalmente si arriva allo showdown e quando i cooler risultavano andare sempre in una certa direzione il rischio di esser scoperti aumentava esponenzialmente.
Tanto che, quando un baro veniva colto con le mani nella marmellata, le probabilità di venir gettato nel fiume, non erano così basse, anzi…
Lo stesso accadeva a chi, dopo aver perso tutti i soldi, non era in grado di saldare i debiti di gioco. Insomma, guai a scherzare con fuoco, o meglio, con l’acqua!
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